Scritto da 14:20 Politica Estera

Elezioni in Turchia, la centralità della Repubblica turca 100 anni dopo Mustafa Kemal

14 MAGGIO 2023 LE ELEZIONI

Nel 2023 ricorre il centenario della fondazione della Repubblica turca voluta da Mustafa Kemal. E’ un anno cruciale che potrebbe dare nuova linfa ad uno Stato storicamente mastodontico, ma che negli ultimi anni ha risentito molto gli effetti delle crisi economiche globali. Questo è soprattutto l’anno delle elezioni presidenziali e parlamentari turche, che, dalle ultime dichiarazioni del presidente della repubblica Erdoğan e del leader dell’opposizione Kılıçdaroğlu si realizzeranno il 14 Maggio. Osservare le elezioni in Turchia del 2023 sarà fondamentale per comprendere quale posizione prederà lo Stato turco all’interno di un panorama internazionale sempre più complesso. Riuscirà l’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan ad ottenere un quarto mandato consecutivo, oppure la sua coalizione di governo dovrà lasciare spazio alla forza dei nuovi partiti di opposizione?

SISTEMA ELETTORALE TURCO

Il sistema elettorale per le elezioni presidenziali in Turchia è un sistema maggioritario a doppio turno. Al primo turno partecipano tutti i candidati che abbiano ottenuto il sostegno di almeno 20 dei 550 parlamentari o almeno 100.000 firme. Tra questi è eletto presidente colui il quale abbia ottenuto almeno il 50%+1 dei voti validi. Nel caso nessuno riesca ad ottenere la maggioranza assoluta, è previsto un secondo turno al quale partecipano i due candidati che hanno ottenuto più voti al primo turno. Tra questi è eletto presidente il più votato (maggioranza relativa).

Il sistema elettorale in vigore invece per il rinnovo del parlamento è di tipo proporzionale. Il territorio è diviso in 87 distretti elettorali coincidenti con le 81 province turche. Le eccezioni sono le province di Istanbul e Ankara, divise in 3 distretti ciascuna, e quelle di Smirne e Bursa, divise in 2 distretti ciascuna. Accedono alla ripartizione dei seggi tutte le liste che hanno ottenuto almeno il 10% dei voti a livello nazionale o sono in coalizione con almeno una lista che abbia ottenuto il 10% (la possibilità di formare coalizioni è una novità introdotta dalla riforma costituzionale del 2017). La ripartizione dei seggi avviene a livello distrettuale utilizzando il metodo d’ Hont, il quale risulta essere il divisore meno proporzionale tra quelli esistenti, ogni distretto elegge un numero di seggi in proporzione alla popolazione.  

STRUTTURA PARTITICA

Il Partito della Giustizia e dello Sviluppo, conosciuto in turco come Adalet ve Kalkınma Partisi (AKP), è un partito politico conservatore in Turchia. Ha le sue radici nella tradizione dell’Islam politico e della “democrazia conservatrice”. L’AKP è attualmente il principale partito in Turchia, con 316 membri del Parlamento e controlla la maggioranza dal 2002. Il suo ex presidente, Binali Yıldırım, è il leader del gruppo parlamentare mentre il fondatore e leader del partito, Recep Tayyip Erdoğan, è attualmente il Presidente della Turchia.

Naturalmente l’AKP cercherà di mantenere il proprio potere alle prossime elezioni, ma ci sarà sicuramente una forte competizione da parte degli altri partiti politici. Infatti i partiti di opposizione in Turchia sono raggruppati in due coalizioni chiamate Alleanza della Nazione e Alleanza del Lavoro e della Libertà. La prima coalizione, che include i due maggiori partiti di opposizione CHP e İYİ Parti, ha maggiori possibilità di riuscire a scalzare il presidente attuale Erdoğan dal potere. L’altra coalizione, guidata dal partito di sinistra e filo-curdo HDP, in base ai sondaggi non otterrà più del 10-12% dei voti.

Non è chiaro come i voti ottenuti dai singoli partiti influiranno sulla scelta del candidato alla presidenza che sfiderà Erdoğan. Lo scorso febbraio i partiti di opposizione hanno creato una piattaforma politica comune chiamata “Tavolo dei sei”, la quale portato alla definizione di un manifesto programmatico in vista delle elezioni. Il manifesto mira a riportare indietro il sistema parlamentare alla sua forma originaria prima della riforma presidenziale del 2018, fortemente voluta da Erdoğan e sostenuta dal Mhp. Negli ultimi anni, l’accentramento dei poteri nelle mani del presidente e l’indebolimento del sistema di equilibrio hanno causato un forte malcontento tra le forze politiche di opposizione. Queste ultime hanno visto i propri margini di manovra ridursi e la propria espressione di dissenso limitata.

LE CONTESTATE ELEZIONI DEL 2018

Le precedenti elezioni in Turchia si sono svolte nel 2018 e hanno visto la rielezione del presidente Recep Tayyip Erdogan e del suo partito, l’AKP (Partito per la giustizia e lo sviluppo).

La campagna elettorale è stata caratterizzata da tensioni e violenze, con numerosi arresti di oppositori e critici del governo. Il presidente Erdogan ha ottenuto il 52,5% dei voti, superando il candidato del principale partito d’opposizione, Muharrem Ince, che ha ottenuto il 30,6%. Erdogan è stato eletto per un mandato di cinque anni, con poteri ampliati a seguito di un referendum costituzionale del 2017 che ha trasformato la Turchia in un sistema presidenziale.

Il partito AKP ha ottenuto il 42,5% dei voti, mentre il principale partito d’opposizione, il CHP (Partito repubblicano del popolo), ha ottenuto il 22,6%. Il partito HDP (Partito democratico dei popoli), a sostegno dei diritti delle minoranze kurde, ha superato la soglia del 10% necessaria per entrare in parlamento, ottenendo il 11,7% dei voti. Le elezioni sono state monitorate da osservatori internazionali, tra cui l’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa). Tutte quante hanno espresso preoccupazione per la “mancanza di equità” nella campagna elettorale e per la “limitazione della libertà di stampa”. La speranza è che le elezioni che si realizzeranno a Maggio 2023 non siano un remake disastroso delle precedenti elezioni, ma possano essere un trampolino di lancio per una rinnovata Turchia.

Il Presidente turco Erdogan

I PRINCIPALI CANDIDATI ALLA PRESIDENZA TURCA

Nei primi giorni del 2023, c’è stata molta attività in termini di identificazione di un candidato adatto a sconfiggere il Presidente Erdoğan nelle prossime elezioni presidenziali.

I leader dei sei partiti che compongono il “tavolo dei 6” hanno avuto il loro primo incontro ufficiale per discuterne. Secondo recenti sondaggi, tre politici dell’opposizione, Ekrem İmamoğlu, Mansur Yavaş e Meral Akşener, sono favoriti nella corsa alla presidenza. Tuttavia, il leader dell’opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu, figura chiave e leader dell’Alleanza della Nazione, non sembra ancora pronto a vincere un possibile ballottaggio con Erdoğan.

Attenzione però alla difficile situazione economica: l’alta inflazione e il deprezzamento della moneta nazionale continuano a pesare sulla popolarità di Erdoğan. Secondo i dati ufficiali dell’Istituto di statistica turco, ad agosto l’inflazione è stata dell’80,21%. Tuttavia il gruppo indipendente ENAgrup riferisce che l’aumento effettivo dei prezzi è stato molto più alto, pari al 181,37%.  Nonostante i sondaggi favorevoli, i prossimi quattro mesi saranno comunque impegnativi per l’opposizione. Il presidente Erdoğan negli ultimi mesi sembra aver cambiato strategia per avvicinarsi alle necessità di una popolazione in crisi. Infatti tra le recenti mosse politiche del Presidente osserviamo un aumento degli stipendi e la strutturazione di un credito a basso costo che cominciano a fare pressione sulle coalizioni di opposizione.  

LA TURCHIA E I RAPPORTI INTERNAZIONALI

Il presidente Erdoğan ha una fonte sostanziale di supporto per le elezioni: la sua presenza mediatica significativa su diversi fronti internazionali. Ad esempio, il presidente è stato coinvolto nella lotta contro il terrorismo del PKK. Egli ha partecipato all’operazione in Siria e ha aiutato a normalizzare i rapporti attraverso un incontro con il ministro della difesa siriano. Evento ormai raro dato che non si era verificato da 11 anni. Inoltre, Recep Tayyip Erdogan ha svolto un ruolo di mediazione nella guerra in Ucraina.

La Turchia ha agito per evitare la creazione di un’autonomia territoriale curda nelle regioni siriane vicine al suo confine meridionale, per proteggere la sua sicurezza nazionale. Ankara considera le forze curde siriane affiliate al PKK come una minaccia terroristica e, a partire dall’estate del 2016, ha condotto operazioni militari per interrompere la contiguità del territorio occupato dalle forze curde e creare una “safe zone” al confine con la Siria. Tutto ciò è stato fatto con il benestare tacito della Russia. Essa è il principale alleato del regime di Damasco, che ha cercato di trovare una soluzione negoziale insieme all’Iran e alla Turchia.

Per quanto concerne la guerra Russia-Ucraina, la Turchia sta scoprendo le sue carte . Dopo mesi di negoziati, Erdogan ha raggiunto un primo accordo sotto l’egida delle Nazioni Unite per sbloccare l’export di grano ucraino attraverso il Mar Nero. La Turchia, a causa dei suoi buoni rapporti bilaterali con entrambe le parti, è stata coinvolta in una difficile mediazione tra Russia e Ucraina. Ciò ha portato ad un intensificarsi dei contatti con la Russia, come dimostrato dagli incontri tra il presidente Erdoğan e il presidente Putin. Questi dialoghi hanno anche rappresentato l’occasione per rafforzare i già solidi rapporti economici ed energetici con la Russia. Essa è infatti il terzo partner commerciale della Turchia e il suo primo fornitore di gas. La Russia copre il 33% dell’import del paese. E’ inoltre tra i principali paesi per flussi turistici in Turchia, con oltre il 19% degli arrivi nella penisola anatolica nel 2021.

POSSIBILI SCENARI PER LE ELEZIONI

Le possibilità che si potrebbero realizzare alle elezioni del 14 maggio sono almeno tre.

1) Erdogan vince ed ottiene il quarto mandato consecutivo

Il presidente Erdogan è visto da molti analisti interni come un leader che cerca di seminare caos e panico per consolidare il suo potere. Secondo l’ex caporedattore di Cumhuriyet, Can Dundar, chiunque sfiderà il presidente o il governo verrà etichettato come terrorista o traditore. Inoltre, Erdogan è diventato il più grande magnate dei media in Turchia, controllando quasi l’80% dei mezzi di comunicazione. Tutto ciò lascia ai turchi solo i social network controllati e la stampa in esilio. Una nuova legge approvata dal parlamento turco potrebbe condannare fino a tre anni i giornalisti e gli utenti dei social per aver diffuso notizie false. Questo darebbe a Erdogan un grande vantaggio in vista delle elezioni.

  • Erdogan vince ma l’AKP perde la maggioranza in parlamento

Il marchio politico di Erdogan è molto più forte rispetto all’AKP. Infatti se il partito di Erdogan e l’MHP perdessero la maggioranza parlamentare a favore dei partiti di opposizione, questo porterebbe ad un caos istituzionale. Il presidente in carica non potrebbe approvare leggi in parlamento e sarebbe costretto ad eventuali elezioni anticipate. Ciò è già accaduto in passato, nel giugno 2015, quando l’AKP perse la maggioranza parlamentare per la prima volta. In quel caso Erdogan chiese immediatamente nuove elezioni, e cinque mesi dopo il suo partito riconquistò la maggioranza. Se una simile situazione si dovesse ripalesare si potrebbe assistere ad attacchi violenti da parte dei nazionalisti alla vigilia delle elezioni del 2023. Tutto ciò potrebbe far legare la popolazione intorno all’ uomo forte: Erdogan, facendo risorgere il nazionalismo in altre realtà partitiche e non necessariamente nell’AKP.

  • La sconfitta di Erdogan

Burak Bekdil, uno dei più grandi analisti turchi ( licenziato dall’Hürriyet per vie della sua aperta critica al presidente) analizza cosa accadrebbe se Erdogan perdesse le elezioni presidenziali con un margine ristretto. Burak analizza anche il caso in cui l’Akp e l’Mhp perdessero la loro maggioranza parlamentare. Secondo Bekdil, questo potrebbe scatenare una guerra civile, con i lealisti che griderebbero al complotto straniero e scenderebbero in piazza contro gli oppositori turchi laici. Tuttavia altri scenari si potrebbero profilare in una possibile sconfitta dal presidente. Se Erdogan perdesse infatti la presidenza a favore di un candidato dell’opposizione, ciò potrebbe rivelarsi un colpo fatale per la leadership di Erdogan. Inoltre potrebbe anche segnare la fine dell’AKP.

L’IMPORTANZA DI QUESTE ELEZIONI

Queste elezioni sono cruciali per capire che posto otterrà la Repubblica di Turchia nello scacchiere geopolitico. Vi è la necessità di osservare con attenzione gli svolgimenti di queste elezioni poiché solo così si possono pienamente capire i risvolti delle guerre che circondano il centrale stato turco. Ed è proprio da questa centralità che la scrittura di questo articolo è partita. In un mondo che sta osservando inebetito lo sgretolamento del potere unipolare statunitense a favore di un multipolarismo per certi versi nuovo e perciò ignoto e pauroso dato il mondo in cui viviamo dove sembrano riapparsi conflitti in cui il binomio Stato-Nazione è ancora un cardine fondante.

Ecco perché non ci si può dimenticare della centralità della Turchia. Essa è una realtà storicamente mediatrice di conflittualità, sia per la sua posizione geostrategica, sia per la grande vastità di etnie che convivono nel suo territorio. Queste elezioni saranno uno specchio della complessità del sistema turco dovuta alla sua centralità mondiale. Non resta che aspettare con impazienza il 14 Maggio 2023, ricordando che questo, per la Turchia, è un anno speciale.

 

Ultima Modifica: 13 Febbraio 2023

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