Il 2024 sarà un anno decisivo per determinare le sorti degli assetti geopolitici mondiali: ci saranno le elezioni in più di 70 Paesi, dove verranno chiamati in causa più di due miliardi di elettori. Tra le numerose elezioni che vedranno come protagonisti i più disparati Stati in giro per il mondo, troveranno spazio anche quelle relative ad una piccola isola, Taiwan, da tempo sotto la lente di ingrandimento mondiale e al centro di una contesa che posiziona Cina da una parte e Stati Uniti dall’altra.
Gli Stati Uniti, da sempre sostenitori dell’indipendenza taiwanese, vorrebbero, attraverso queste elezioni, consolidarla. Pechino, invece, ha come unico obiettivo quello di riportare lo Stato taiwanese sotto il controllo totale cinese, considerandola a tutti gli effetti una semplice provincia da reintegrare. Xi Jin Ping, certo di raggiungere l’obiettivo, ha definito questo potenziale processo come una “certezza storica“.
Riconoscimento limitato
La Repubblica di Cina non è riconosciuta come uno stato (totalmente) indipendente, né dalla Cina, né, de iure, dagli altri quattro membri (permanenti) del Consiglio di sicurezza dell’ONU (Stati Uniti, Francia, Russia e Regno Unito). In ottica legislativa, difatti, Taiwan è uno stato a riconoscimento limitato (la sua sovranità è riconosciuta soltanto da alcuni Stati della comunità internazionale). Nonostante ciò, l’Isola democratica intrattiene rapporti commerciali e collaborativi indipendenti, a tutti gli effetti e su tutti piani, da quelli cinesi, venendo così riconosciuta come uno stato indipendente, de facto.
I candidati
Lo spirito indipendentista è ormai parte integrante dell’Isola, incastonato negli animi e negli ideali delle persone che andranno al voto sabato 13 gennaio 2024. Saranno elezioni caratterizzate dal tripolarismo, che vedrà come protagonisti tre personaggi di grande spessore nella scena politica dell’isola democratica: Lai Ching-te, leader del Partito democratico progressista, Hou Yu-ih, ex-sindaco di New Taipei e Ko Wen-jie, dirigente del Partito del popolo taiwanese. Nel corso degli ultimi tre decenni, Taiwan ha tenuto per sette volte le elezioni presidenziali dirette, tramite voto popolare, ed è stata riconosciuta come uno dei paesi democratici più maturi al mondo
Gli indipendentisti
Il favorito nella corsa alla guida di Taiwan è Lai Ching-te, già il vice-presidente di Tsai Ing-wen, la donna che ha guidato il paese negli ultimi otto anni. Alla base della campagna elettorale alimentata da Lai c’è l’idea di consolidare e rafforzare la difesa militare dell’Isola, con l’unico fine di sventare una potenziale aggressione militare da parte di Pechino. L’opposizione cinese, nei confronti di Lai, è una condizione che permette al leader del Partito democratico progressista di alimentare il suo elettorato in maniera rilevante, come lui stesso sottolinea:
“Non possiamo affidarci alla buona volontà di chi minaccia di aggredirci e invaderci: la pace è la nostra rotta, la democrazia la nostra bussola“.
I pacificatori
Il principale oppositore di Lai Ching-te è Hou Yu-ih. L’ex-sindaco di New Taipei raffigura un candidato incline al dialogo con Pechino, come dimostrano le fondamenta della propria campagna elettorale, dove sono state poste, in primo piano, le tre D: difesa, dialogo e de-escalation. Hou si è espresso così, in merito al futuro del proprio paese:
“Di fronte alla minaccia di Pechino non basta rafforzare la difesa armata, bisogna trovare il modo di diminuire la tensione e riprendere il dialogo“.
L’outsider
Il terzo candidato, considerato un outsider nella corsa al governo di Taiwan, è Ko Wen-jie, leader del Partito del popolo taiwanese. In questa competizione, Ko si frappone tra i due poli, risultando come il corriere di un ideale centrista. Difatti, Ko non si definisce né indipendentista, né pacificatore come Hou, come lui stesso specifica:
“Dopo il no a Pechino non c’è un altro passo, quindi bisogna pensare a come dialogare, senza obbedire ai diktat. Non dico che sarei il presidente migliore, ma il più adatto alla situazione“.
Scenario futuro
Una cosa è certa, l’effetto che queste elezioni avranno sul mondo sarà impattante per i nuovi scenari geopolitici. Washington ha già fatto sapere che invierà una “delegazione non ufficiale” sull’Isola dopo le elezioni. Decisione, ovviamente, accolta negativamente dalla Cina: Washington deve “astenersi dall’intervenire in qualsiasi forma nelle elezioni nella regione di Taiwan, per evitare di causare gravi danni alle relazioni sino-americane“.
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Ultima Modifica: 12 Gennaio 2024