Il tema delle pensioni e della riforma del sistema previdenziale è stato certamente uno dei più caldi nella recente campagna elettorale. In particolar modo, la vincente coalizione di centrodestra ha dedicato ampi stralci del proprio programma al superamento della Legge Fornero, destinata ad entrare nuovamente in vigore in caso di mancato rinnovo delle opzioni di pensionamento anticipato – su tutte l’ormai celebre Quota 100 – diventata nel frattempo 102.
Proprio per questa ragione, la prima Legge di Bilancio del neonato Governo Meloni era attesa con curiosità da cittadini ed analisti, desiderosi di capire quale sarebbe stata a riguardo la direzione del nuovo esecutivo. Tuttavia a causa della difficile situazione economica, tutto quanto traspare dalla norma – che pure potrà essere ancora modificata in Parlamento – non permette di formulare ipotesi definitive.
Gli aumenti (parziali): il nuovo sistema di scaglioni
Un primo segnale dell’intenzione del governo di provvedere ad un incremento delle pensioni, in risposta all’attuale e spaventoso aumento dell’inflazione, era stato dato già all’inizio di novembre. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (Lega) aveva infatti firmato un decreto, disponendo, a partire dal 1° gennaio 2023, un adeguamento del 7.3% delle pensioni dei cittadini sulla base degli indici di consumo.
In linea con tale direzione sembra muoversi anche la Manovra, benchè con importanti distinzioni. Il Governo, infatti, sembra intenzionato a modificare il meccanismo di perequazione – ovvero gli automatismi che permettono l’adeguamento delle pensioni all’aumentare del costo della vita – ma con differenziazioni ancora più marcate tra le fasce di pensionati, che passano da tre a sei.
Per il biennio 2023/24 quindi, si prevede un recupero dell’inflazione del 100% per gli assegni fino a 2.100 euro, dell’80% per trattamenti compresi tra i 2.100 e i 2.625 euro, del 55% fino ai 3.150 euro, del 50% fino a 4.200 euro, del 40% fino a 5.250 euro e del 35% per pensioni superiori a quest’ultima cifra.
Le percentuali sono pertanto da considerarsi relative a quel famoso 7.3% decretato dal Ministro.
Il provvedimento permetterà quindi un aumento delle pensioni minime fino a 570 euro nel 2023 (che secondo le stime diventeranno 580 nell’anno immediatamente successivo), consentendo allo stesso tempo un ragguardevole risparmio sui trattamenti più elevati, che nel sistema precedente avevano un recupero del 75% sull’inflazione.
Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, inoltre, tale stretta sull’indicizzazione porterà ad un risparmio di spesa di circa 2.5 miliardi nel solo 2023.
Il prepensionamento: Quota 103 ed Opzione Donna
Proprio tramite queste coperture, il Governo intende mantenere alcune delle opzioni di prepensionamento già presenti negli anni precedenti. Per il 2023 è di fatto confermata “Quota 103”, che permetterà il pensionamento anticipato ai lavoratori con 62 anni di età e 41 anni di contributi (ma solo con assegni fino a 2.818 euro lordi mensili). I costi sono stimati tra i 600 ed i 700 milioni.
A questo, va aggiunta – sempre secondo la testata di Confindustria – una spesa intorno ai 300-400 milioni di euro per la proroga di APE Sociale ed Opzione Donna, con alcuni cambiamenti relativi a quest’ultima casistica.
Per aderire ad Opzione Donna, infatti, si dovrà aver maturato circa 35 anni di contributi, con la barriera anagrafica posta a 60 anni (che scendono a 59 e 58 in presenza di uno o due figli, sebbene su quest’ultimo punto ci siano delle titubanze dovute al timore di una presunta dichiarazione di incostituzionalità). Ovviamente per le lavoratrici che aderiranno al prepensionamento, permane una decurtazione dell’assegno fino al 30% tramite il ricalcolo con sistema esclusivamente contributivo.
Le reazioni, Boccia: “Gravi bugie”
Non sono mancate le critiche dall’opposizione in relazione a questa parentesi della manovra. Se il Terzo Polo si era già da tempo detto favorevole per un ritorno integrale alla “Fornero”, è l’ex-ministro PD Francesco Boccia a rilasciare all’ANSA una delle dichiarazioni di biasimo nei confronti delle scelte del neonato Governo, accusandolo in tal senso di non essere riuscito a sanare le ingiustizie della legge 214 del 2011, oltretutto proponendone una ancor più restrittiva.
Dal canto suo invece il titolare del MEF Giorgetti ha manifestato un evidente compiacimento per la presenza in Manovra di aiuti più mirati e soprattutto rispettosi della difficile situazione economica e geopolitica che il nostro Paese – suo malgrado – si trova ad affrontare.
Ultima Modifica: 25 Gennaio 2023