Scritto da 9:30 Politica Estera

La fine della Françafrique: gli astiosi rapporti con Mali e Burkina Faso

La fine della Françafrique: gli astiosi rapporti con Mali e Burkina Faso

L’epoca della Françafrique sta volgendo al termine e con essa la presenza occidentale nel continente nero. Sin dal periodo coloniale, la Francia si è sempre impegnata nel mantenimento di relazioni proficue con i leader africani, come dimostrato dalle diverse operazioni militari in loco e dagli accordi monetari in essere (Franco CFA). Negli ultimi anni i rapporti tra l’Eliseo ed i governi locali si sono incrinati sensibilmente, fino al raggiungimento di un punto di rottura, come nel caso di Mali e Burkina Faso. 

Il dissapore maliano nei confronti dell’esagono è dovuto al fallimento di Parigi nella lotta al terrorismo islamico regionale ed alle tendenze autonomiste tuareg. La questione burkinabé possiede anch’essa come fattore principale il mancato ridimensionamento dei gruppi jihadisti, ma presenta anche radici storiche, dovute al completo appoggio francese al golpista Blaise Compaoré, autore dell’omicidio dell’eroe africano Thomas Sankara

Questo allontanamento occidentale ha portato alcuni Paesi ad interessarsi alla questione africana. Nell’area sopracitata, il Sahel in generale, Mosca ha allungato le mani, sfruttando i contractors del Gruppo Wagner come mezzo di allontanamento della minaccia terroristica. 

Il fallimento militare in Mali

L’intervento francese in Mali è iniziato nel 2013, su richiesta, tramite un discorso alla nazione, dell’allora presidente Dioncounda Traoré. Il Paese stava attraversando un periodo di estrema instabilità politica, situazione della quale hanno approfittato alcuni movimenti eversivi come l’MNLA (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad) e l’AQMI (Al-Qaida nel Maghreb Islamico); il leader maliano ha quindi chiesto un’intervento militare di Parigi, per riconquistare il terreno perso. 

Ebbe così inizio l’operazione Serval (rinominata Barkhane dal 2014), dimostratasi fallimentare sul lungo raggio. Ai traguardi iniziali, infatti, si contrappone la situazione attuale, che vede un notevole rafforzamento delle sigle legate al terrorismo islamico. 

Oltre a quelle belliche, le cause della débâcle sono prettamente politiche. La presenza militare francese sul territorio ha fornito una forma di deterrenza verso i gruppi eversivi, ma l’assenza di un piano politico ha condotto ad un’inesorabile perdita dei risultati conquistati. Gli effetti di tale negligenza sono stati l’assenza di nuovi accordi con le popolazioni tuareg ed il succedersi di una serie di putsch, che hanno gettato Bamako nella precarietà più totale. 

L’espulsione dal Burkina Faso

I recenti accordi franco-burkinabé furono successive agli sconvolgimenti causati dai vari gruppi guerriglieri islamici. Tra essi si distinse, per cruenza ed efferatezza, il movimento Ansarul Islam (in italiano “Difensori dell’Islam”), un collettivo salafita jihadista fondato da Ibrahim Malam Dicko ed attualmente guidato dal fratello Jafar. La fallimentare compagna francese nella “terra degli uomini integri” ha condotto ad un forte risentimento popolare nei confronti di Parigi, risoltosi con l’allontanamento dell’ambasciatore Luc Hallade prima e l’espulsione delle truppe transalpine poi.  

Il 23 gennaio scorso, il portavoce del governo, Jean Emmanuel Ouédraogo, in merito alla volontà di veder partire le truppe francesi, ha dichiarato: “Quello che denunciamo è l’accordo che consente alle forze francesi di essere presenti in Burkina Faso. Non si tratta della fine delle relazioni diplomatiche tra Burkina Faso e Francia […] Le forze francesi sono basate a Ouagadougou su richiesta del Burkina Faso e delle sue autorità. Questa denuncia è nell’ordine normale delle cose, è prevista nei termini dell’accordo militare”. L’ingiunzione indirizzata al Quai d’Orsay è l’ultimo degli atti che attestano la repellenza della giunta militare guidata da Ibrahim Traoré nei confronti dell’Eliseo.

L’intromissione di Mosca

La presenza della Francia nel Sahel si fa sempre più debole ed il ritorno alla passata ingerenza politica sempre più un miraggio. Ad approfittare dei fallimenti del drapeau tricolore ci ha pensato il Cremlino, estendendo la propria longa manus nell’area subsahariana. Putin, attualmente impegnato nel conflitto con Kiev, vede nelle relazioni russo-africane una ghiotta opportunità per quanto riguarda l’approvvigionamento di materie prime pregiate; sarà fondamentale in tal senso il vertice che si terrà a San Pietroburgo dal 26 al 29 luglio.

Ultima Modifica: 8 Febbraio 2023

Scritto da