Che l’Eliseo stia cercando “novelli” alleati a seguito degli screzi sorti dopo l’elezione di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi avendo terminato la breve ma intensa “luna di miele” con il Presidente Draghi suggellata dal Trattato del Quirinale? La risposta ai posteri.
Il contesto:
Come è oramai noto a tutti: relazioni internazionali e diplomazia, soprattutto di questi tempi, risultano essere cruciali per la salvaguardia degli equilibri internazionali. Proprio in virtù di tale presupposto giovedì 1° dicembre l’amministrazione Biden-Harris ha accolto Emmanuel Macron per la prima visita di Stato, analogamente a quanto fece D. Trump nel 2018 scegliendo l’inquilino dell’Eliseo come primo ospite essendo la Francia “il più antico alleato degli Stati Uniti”.
L’occasione, secondo il Joint Statement pubblicato in giornata, era quella di: “[…] riaffermare una relazione fondata da più di due secoli su amicizia, partenariato economico, cooperazione alla difesa e alla sicurezza, e sull’impegno condiviso per i principi, valori e istituzioni democratici” riconfermando l’asse Parigi-Washington.
Per taluni, l’incontro tra l’Eliseo e la Casa Bianca ha rappresentato un definitivo mea culpa da parte del Presidente Biden circa la crisi diplomatica scatenatasi qualche tempo fa dall’alleanza strategico-militare di Stati Uniti, Regno Unito e Australia, per l’ingente compravendita di sottomarini che ha visto la Francia emarginata dalla strategia americana nell’area Indo-pacifica, costandogli inoltre un contratto di difesa multimiliardario e mettendo in crisi l’asse Parigi-Washington. Per altri, lo spostamento di Macron è da considerarsi come un – ennesimo – tentativo di legittimazione rispetto all’insicurezza interna, dovuta alla decrescenza costante della sua popolarità così come quella del suo neo-nominato Governo a guida di Élisabeth Borne, come constatato da IPSOS.
In ogni caso, sono stati tre giorni all’insegna di discussioni vertenti alle principali tematiche di rilevanza internazionale. In particolare, all’ordine del giorno: la crisi in Ucraina e la lotta all’inflazione.
Le divergenze su Kiev:
Sebbene entrambi i Capi di Stato abbiano confermato all’unisono la condanna dell’aggressione all’Ucraina e abbiano confermato di non voler ritenere validi i referendum di annessione delle Repubbliche Popolari separatiste approvati ad inizio mese dalla Duma, sono sorte delle considerevoli differenze ideologiche che hanno fruttato posizioni divergenti su un eventuale negoziato con la controparte russa. Mentre Macron si dice ottimista nello sperare di poter sedere al tavolo con Putin per dare avvio a dei negoziati di pace, o quantomeno di cessate il fuoco, la Casa Bianca rimane vigile. Biden ha sostenuto di non avere “nessuna fretta” a contattare il Cremlino fintanto che Putin non sarà pronto a discorrere circa una eventuale pace, a condizione di un previo confronto con gli alleati della NATO. Il Presidente francese ha invece dichiarato di avere in programma una discussione “nei giorni seguenti” al fine di trovare un compromesso.
Ciononostante, entrambi i leader dell’asse, a conclusione del bilaterale nello Studio Ovale, hanno annunciato una conferenza internazionale di pace programmata per metà dicembre nella capitale francese come simbolo di un ulteriore sforzo all’arresto della “brutalità della Russia”.
Ruolo della Nato:
Per quanto concerne il ruolo del Patto Atlantico, è necessario tenere in considerazione il “differenziale di peso” di USA e Francia. Va infatti ricordato che sulla scia delle posizioni del primo Presidente della Quinta Repubblica il Gen. C. de Gaulle, che nel ’66 tentò di boicottare l’integrazione bellica causa la mancata creazione di quel direttorio che avrebbe visto la collaborazione strategica della République e di USA e Regno Unito comunicando al Presidente L. Johnson il ritiro del Paese dal comando militare unificato dell’Organizzazione, e non dalla NATO stessa, mantenendo quindi un seggio nel Consiglio Atlantico, Emmanuel Macron ha dichiarato – appena qualche anno fa – che la NATO vessasse in una condizione di “morte cerebrale” dovuta all’eccessiva dipendenza militare dall’America.
Tuttavia, nonostante il rapporto turbolento, dall’invasione russa in Ucraina la Francia ha cambiato prospettiva rendendosi conto della ragion d’essere della stessa e della mancanza di una realtà alternativa alla cooperazione transatlantica. La reticenza della prima potenza militare europea, frutto della paura di diventare un “vassallo” della prima potenza mondiale, è venuta a scemare anche dagli screzi sorti con Cina e Bielorussia, i c.d. “amici” di Putin.
L’innalzamento dell’inflazione:
L’Inflation Reduction Act – IRA, ossia il piano di sussidi vigente da agosto volto allo stanziamento di più di Settecentotrenta miliardi di dollari da destinare alle imprese del settore energetico – a patto che siano americane – alla riduzione del deficit di bilancio e al calmieramento dei prezzi, ha creato non pochi scontenti nel “vecchio continente”, sebbene l’elezione di Biden avesse rappresentato l’inizio di un nuovo e gradito capitolo della cooperazione tra i due continenti.
Macron si è detto perplesso, ed è apparso dubbioso, circa l’adozione di tale programma di investimenti, difatti l’attrito di un considerevole numero di imprese europee si deve all’esclusione di queste dai tagli fiscali previsti dagli USA per le controparti d’Oltreoceano. Washington ha sostenuto di voler introitare ingenti somme di danaro nel settore manifatturiero, non a scapito dell’UE, ma onde evitare di accrescere la propria indipendenza da Paesi terzi quali la Cina, ad esempio per il settore dei microprocessori per apparecchiature tecnologiche, che dopotutto sono state create dagli americani – come ribadito da Biden.
Come potrebbe il vecchio continente evitare ciò?
La Commissione Europea, conscia di non poter imporre una revisione al Congresso statunitense dell’intero piano fiscale, sta proponendo emendamenti che risultino vantaggiosi per le imprese europee analogamente a quanto fatto per quelle di Nord e Sud America. Bruxelles, augurandosi di non incappare in un altro scontro commerciale come quello avvenuto sotto la Presidenza precedente, ha comunque notificato l’intenzione, qualora non si raggiungesse un compromesso valido, di portare la questione all’attenzione del World Trade Organization, sebbene sia noto che essa non potrà che produrre raccomandazioni non vincolanti.
Essendo quindi la via diplomatica l’unica soluzione abbordabile, sembrerebbe che il Presidente francese, forte dell’ottenimento della Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea nello scorso semestre si sia è eretto come rappresentante – sebbene illegittimo – degli interessi dell’UE, sottolineando velatamente il carattere protezionista di tale strategia commerciale. Lo stesso Ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità Industriale e Digitale, Bruno Le Maire ha detto: “La Cina favorisce i propri prodotti, gli Stati Uniti favoriscono i propri prodotti. Potrebbe essere il momento per l’Europa di favorire i propri prodotti” sancendo quel principio di “priorité nationale” che da tempo è slogan degli esponenti di destra Marine Le Pen ed Éric Zemmour facendolo traslare però sul contesto più ampio dell’Unione Europea.
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Ultima Modifica: 25 Gennaio 2023